"Informazioni sui link di affiliazione"
In primo piano
- Ottieni link
- X
- Altre app
Il Logo è Morto, Lunga Vita al Sistema di Branding.
Il Logo è Morto? Viva il Branding Dinamico
Per decenni, una delle prime regole del branding è stata: il logo è sacro e immutabile. Deve essere riconoscibile, riproducibile e, soprattutto, coerente su ogni supporto, dal biglietto da visita al cartellone pubblicitario. Ma nell'era digitale, dove i brand non vivono più solo sulla carta stampata ma interagiscono con noi da schermi di ogni dimensione, questa regola ferrea ha ancora senso?
La risposta è no. O meglio, si è evoluta. Benvenuti nell'era del branding dinamico.
IERI: Il Logo come Simbolo Intoccabile
Pensiamo ai grandi loghi del '900: la conchiglia della Shell, lo "swoosh" della Nike, la mela morsicata della Apple. Erano e sono simboli potentissimi, progettati per essere un punto fermo nella mente del consumatore. In un mondo con meno messaggi pubblicitari, la loro forza risiedeva proprio nella loro immutabilità e ripetizione ossessiva. Cambiarli era un'eresia, un'operazione di rebranding costosa e rischiosa che poteva confondere il pubblico. Il logo era un monolite, un totem attorno al quale ruotava tutta la comunicazione, un sigillo di garanzia riconoscibile a colpo d'occhio.
OGGI: Il Brand come Organismo Vivente
Oggi uno stesso brand deve comunicare su un post di Instagram, in un video di TikTok, come icona di un'app, sul quadrante di uno smartwatch e magari anche in un'esperienza di realtà aumentata. Un logo statico, rigido, pensato per un unico contesto, non basta più.
Il branding dinamico trasforma l'identità visiva da un'immagine fissa a un sistema flessibile. Il concetto chiave qui è "sistema". Non si progetta più solo un logo, ma un intero ecosistema di elementi visivi coerenti: una palette colori definita ma versatile, una famiglia di font, uno stile di illustrazioni o icone, e persino un comportamento nelle animazioni (motion design). Questi componenti possono adattarsi, combinarsi e cambiare a seconda del contesto, pur mantenendo sempre una riconoscibilità di fondo.
Esempi che vediamo tutti i giorni:
Google: Il "Doodle" è l'esempio più famoso e precursore. Il logo di Google non è solo un marchio, ma uno spazio editoriale che cambia ogni giorno per celebrare eventi e anniversari, generando conversazione e creando un legame emotivo con l'utente. Diventa esso stesso un contenuto atteso.
Spotify: Ogni anno, la campagna "Wrapped" è un capolavoro di branding dinamico. L'identità visiva, sempre nuova, è basata su colori vibranti e animazioni fluide, ma soprattutto è guidata dai dati dell'utente. Ogni grafica è unica perché riflette i gusti musicali della singola persona, rendendo la campagna incredibilmente personale, condivisibile e virale.
MTV: Fin dagli anni '80, MTV ha rivoluzionato il concetto di logo. La sua "M" gigante è diventata una tela bianca, una cornice che ospitava stili, pattern e animazioni sempre diversi, realizzati da artisti e designer. Il logo rimaneva riconoscibile non per la sua forma statica, ma per la sua capacità di trasformarsi costantemente, incarnando lo spirito creativo e mutevole della musica.
DOMANI: Identità Generate dall'Intelligenza Artificiale?
E il futuro? La frontiera del branding dinamico è ancora più entusiasmante e si intreccia in modo indissolubile con la tecnologia. Immaginiamo:
Identità iper-personalizzate: Un logo di un brand di abbigliamento sportivo che cambia colore e ritmo di animazione in base alla frequenza cardiaca dell'utente, rilevata dallo smartwatch durante l'allenamento. La comunicazione non è più massiva, ma diventa un dialogo uno-a-uno.
Branding generativo: Sistemi di design basati sull'AI che, partendo da un set di regole e componenti visive, creano infinite variazioni del logo in tempo reale. Questo permetterebbe di avere visual unici per ogni banner, post o interazione, mantenendo sempre la coerenza del brand. Il ruolo del designer si sposterebbe da esecutore a stratega e curatore del sistema.
Loghi nel Metaverso: In ambienti immersivi, i loghi abbandoneranno la bidimensionalità. Potranno essere identità visive tridimensionali, sonore, tattili e interattive con cui gli utenti potranno letteralmente giocare, che reagiscono al passaggio dell'avatar o cambiano forma in base agli eventi nel mondo virtuale.
Conclusione: il logo non è morto. Si è semplicemente tolto la giacca e la cravatta. Ha smesso di essere un simbolo intoccabile e monolitico per diventare un organismo vivente, un camaleonte capace di adattarsi, raccontare storie e parlare la lingua del proprio tempo e del proprio pubblico. E questa, per un designer e per chi si occupa di pubblicità, non è solo un'evoluzione, ma la sfida più eccitante di sempre.
N.B L'immagine di questo articolo è generata da Gemini
- Ottieni link
- X
- Altre app
Post più popolari

Bellezza in vetrina: un viaggio nel tempo tra stereotipi di genere e nuove prospettive nella pubblicità
- Ottieni link
- X
- Altre app

Psicologia dei colori: la tavolozza segreta della pubblicità 🎨🧠
- Ottieni link
- X
- Altre app
Commenti
Posta un commento